Storia

Il culto per la Madonna della Bruna a Matera ed i festeggiamenti in suo onore attraverso i secoli

Il culto mariano a Matera è attestato almeno dall’VIII sec., come desumibile dai numerosi affreschi con la Madonna ed il Bambino esistenti nelle chiese e monasteri rupestri ubicati sia nei Sassi e sia in tutto il territorio circostante. Nel Sud Italia, rimasto sotto l’influenza culturale e religiosa di Bisanzio fino alla fine del primo millennio ed oltre, prevalsero le immagini della Vergine realizzate secondo le varie tipologie bizantine, tra le quali era prevalente il tipo detto Ode­ghétria o Odigitria, che significa “colei che indica la via”, in quanto Maria è rappresentata nell’atto di indicare il Figlio che ha nella manina un cartiglio, cioè il messaggio di salvezza. Questa è la tipologia dell’affresco della Madonna della Bruna, appunto di ispirazione bizantina, posto sull’altare a Lei dedicato in cattedrale, il primo della navata sinistra entrando dalla porta principale. Oltre che con l’affresco, fin dalla metà del Cinquecento la Bruna è stata raffigurata anche con diverse statue; attualmente esse sono due, delle quali la principale, di cui non si conosce la data di acquisizione, potrebbe risalire alla fine del Seicento o gli inizi del Settecento, l’altra, adoperata solo sul carro trionfale, fu acquistata nel 1792.

All’appellativo “della Brunasono state assegnate diverse derivazioni. In passato lo si faceva desumere dal colore scuro dell’incarnato delle figure affrescate, dovuto, invece, ai fumi dei ceri;  dopo il restauro esso è risultato, infatti, di colore chiaro. Alcuni deducono il titolo dalla terra nera, altri dalla parola longobarda brùnja, “corazza”, dunque “difesa”. Di recente è emersa anche l’ipotesi (Foschino) secondo cui “della Bruna” sta per “proveniente da Brno”, città della Moravia. Comunque, quel nome appare nei documenti storici solo agli inizi degli anni venti del Cinquecento; fino ad allora la Madonna era denominata “Santa Maria” o “Santa Maria dell’Episcopio” o “Santa Maria di Matera”.

L’origine della festa della Bruna si perde nella leggenda risalente forse all’epoca medioevale. Questa narra di un contadino che, di ritorno a Matera dopo la sua giornata di lavoro nei campi, diede un passaggio sul suo traino ad una giovane sconosciuta. Arrivati nel luogo dove ora sorge il rione “Piccianello”, la donna incaricò il contadino di consegnare un suo messaggio al vescovo, scese dal traino e scomparve. Nel messaggio era svelata l’identità della giovane, cioè la Madonna, ed era espressa la sua richiesta di restare a Matera. Il vescovo e il clero si recarono subito nel luogo in cui la donna era scesa dal traino e lì trovarono un’immagine della Vergine che, posta su un carretto riccamente ornato, venne portata in trionfo fino alla cattedrale.

Il ricorso alla leggenda per colmare le lacune della storia è ricorrente. Così anche a Matera, poiché gli storici locali parlano genericamente di una festa mariana qui svolta da molti se­coli, mentre fanno risalire l’inizio delle celebrazioni in onore della Madonna della Bruna al 1389, vale a dire a quando papa Urbano VI (già arcivescovo di Matera ed Acerenza dal 1365 al 1377) collegò la festa della Bruna a quella della  Visitazione di Maria ad Elisabetta (detta anche del Magnificat), fissando al 2 luglio la sua data nel calendario liturgico.

Quanto all’immagine della Madonna in cattedrale, essa, insieme al giudizio universale visibile esattamente di fronte, nella navata opposta, è ciò che resta degli affreschi che rivestivano le pareti interne del tempio alla sua ultimazione (1270); però, il dipinto mariano si trovava poco vicino all’attuale collocazione, vale a dire in fondo alla navata sinistra, in controfacciata accanto alla porta maggiore; lì probabilmente la Vergine era visibile a figura intera, poiché nel 1576 l’affresco fu tagliato con parte di muro, fu fasciato con ferro e spostato dove si trova ora. Il 15 gennaio1578 papa Gregorio XIII con un suo Breve dichiarò privilegiato quell’altare, nel senso che, per ogni messa lì celebrata, poteva essere riscattata un’anima dal Purgatorio. Le richieste divennero così numerose che, ad iniziativa di mons. Giandomenico Spinola (arcivescovo di Matera dal 1631 al 1638), il Vaticano concesse l’estensione del beneficio anche agli altari della cattedrale dedicati a sant’Anna e al Crocifisso; cosicché, grazie alle sempre più cospicue oblazioni per le celebrazioni delle messe, fu possibile arricchire di anno in anno il programma dei festeggiamenti in onore della Bruna, fino ad allora limitati alle sole manifestazioni religiose e, tutt’al più, all’ad­dobbo delle colonne all’interno del duomo con drappi e ghirlande, a decorazioni festose con banderuole (dette “pannarelle”) recanti l’immagine della Madonna, all’illuminazione del campanile con lampioncini e all’accensione di un grande falò in piazza Duomo.

Nei primissimi anni del Seicento si iniziò a far uso di polvere pirica per i fuochi d’artificio, consistenti  prima in razzi (i fulgori) posizionati sul campanile della cattedrale o nella piazza antistante, e poi, a metà dello stesso secolo, nel cosiddetto castello, cioè una costruzione in legno rivestita con carta dipinta, ornata con statue pure di legno e con l’aggiunta di materiale pirotecnico che, acceso, creava botti ed incendiava la costruzione. A fine Seicento, invece, fecero la loro comparsa due elementi caratterizzanti l’attuale svolgimento della festa: il carro trionfale (1690) ed i Cavalieri della Madonna della Bruna (1698). A proposito del carro trionfale, fu nel ’700 che si iniziò a passare sempre più di frequente da semplici suoi ritocchi ad una sua realizzazione ex novo.

Il 2 luglio 1843 è un’altra data importante, perché avvenne l’incoronazione delle immagini della Bruna e del Bambino. Le corone d’oro furono concesse dal Vaticano che, a partire dal 1638, assegnava il prestigioso riconoscimento alle effigi della Madonna e del Bambino Gesù più antiche, più venerate e che si fossero dimostrate miracolose; ciò grazie al lascito testamentario del conte Alessandro Sforza Pallavicini che destinò una cospicua somma di danaro da utilizzare a tale scopo.

Il periodo storico pre e post unitario creò ripercussioni anche sulla festa della Bruna; in particolare, la confisca dei beni ecclesiastici e la conseguente penuria di risorse finanziarie misero a rischio le celebrazioni del 2 luglio, che, infatti, nel 1867 si tennero il 19 settembre, insieme a quelle in onore di sant’Eustachio. In ogni caso, verso la fine dell’Ottocento la festa andò assumendo le modalità attuali; in particolare, si radicò l’usanza di distruggere il carro trionfale ad ogni edizione e, perciò, veniva ricostruito ogni anno; va precisato, comunque, che la processione col carro in passato non avveniva necessariamente il 2 luglio; nel 1843, come riferisce il Volpe, avvenne la vigilia, il 1° luglio; un’altra volta si tenne addirittura il 29 giugno. Inoltre, il tragitto non veniva compiuto una sola volta, ma il carro ripeteva più volte il suo percorso da Piccianello al Duomo e dal Duomo a Piccianello.

Nel Novecento le modalità di svolgimento della ricorrenza permasero sostanzialmente stabili; va segnalato, però, che durante i due conflitti mondiali essa fu limitata alle sole funzioni religiose, così come, del resto, è accaduto negli ultimi due anni a causa della pandemia da Covid-19.

Testi di Franco Moliterni