Breve storia della festa della Visitazione
La festa della Visitazione ha il suo fondamento nel passo del Vangelo di Luca, il quale racconta che Maria, dopo l’Annunciazione (e, pertanto, dopo l’incarnazione di Gesù Cristo nel suo seno), si recò dalla cugina Elisabetta, incinta del futuro Giovanni Battista, per prestarle aiuto nell’ultimo periodo di gestazione. Elisabetta, moglie di un sacerdote del tempio, di nome Zaccaria, era ritenuta sterile, perché era ormai giunta ad un’età avanzata senza aver concepito un figlio: l’inaspettata maternità fu il segno della grande benevolenza di Dio. Ma leggiamo il brano di Luca.
«In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore’. Allora Maria disse: ‘L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore […]’. Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.» (Lc, 1, 39-56).
Come noto, il culto mariano ha radici in Oriente; e così pure la festa della Visitazione; lì, però, era riferita ad una preziosa reliquia: il maphorion, cioè il mantello o velo (ma per estensione anche “veste”) che la Madonna adoperava per coprirsi il capo e le spalle; una reliquia che era conservata nel santuario delle Blacherne a Costantinopoli, lì portata da Gerusalemme nel 472 da Galbios e Candidos, fratelli appartenenti ad una famiglia patrizia bizantina durante l’impero di Leone I. Questo sovrano fece edificare, accanto al detto santuario, una cappella (la Santa Soròs), la cui dedicazione avvenne il 2 luglio 473; egli fece realizzare lì anche un mosaico su cui Maria era rappresentata con le mani sollevate in atteggiamento di preghiera e con il busto di Gesù Bambino all’altezza del suo ventre racchiuso in un clìpeo (cioè in un tondo); un’immagine, detta Blachernitissa, che rinviava all’incarnazione di Gesù Cristo ed, infatti, la festa del Maphorion era nota anche come festa di Maria Madre di Dio del segno o Platytera, cioè “più ampia (del cielo)”, perché Maria ha contenuto Colui che neanche il cielo riesce a contenere. Al 2 luglio faceva riferimento non soltanto la data della suddetta dedicazione della Santa Soròs, ma anche quella della restituzione della reliquia al santuario (2 luglio 619), tolta da quel sito per prudenza durante l’incursione degli Avari (popolo semi-nomade delle pianure ungheresi).
Nel XII secolo, con la diffusione della festa del maphorion in Occidente, l’accento venne posto maggiormente sulla visita di Maria ad Elisabetta; la ricorrenza, perciò, ebbe il titolo di festa della Visitazione (ma anche di “Madonna delle grazie”). Cosa era cambiato con ciò? Nulla nella sostanza, poiché in entrambi i casi si ricordava e festeggiava la maternità divina di Maria, solo che in Oriente si sottolineava il momento iniziale dell’incarnazione di Cristo, cioè l’Annnuciazione, ed il suo “sviluppo” nel seno della Madonna (Platytera e, dunque, la visibilità del ventre che si ampliava), in Occidente, invece, era rimarcato il riconoscimento pubblico, per bocca di Elisabetta, di quella condizione nella “benedetta fra le donne” e la superiorità della maternità di Maria rispetto a quella di tutte le altre donne (Elisabetta compresa).
In Occidente la festa della Visitazione registrò un incremento sempre maggiore a partire dal 1263, quando Bonaventura da Bagnoregio, Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, nel Capitolo di Pisa la estese a tutti i conventi dell’Ordine francescano; fu però solo nel 1389 che il papa Urbano VI la inserì nel calendario liturgico al 2 luglio (come in Oriente); mentre nell’anno giubilare successivo (1390) Bonifacio IX, con la bolla Superni benignitas Conditoris, la estese a tutta la Chiesa d’Occidente per invocare l’intercessione della Madonna nella risoluzione dello scisma d’Occidente, durato circa quarant’anni (dal 1378 al 1418), che vide come antagonisti il papa Urbano VI e l’antipapa Clemente VII, nonché i loro immediati successori.
Con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, nel nuovo Calendarium Romanum (14 febbraio 1969) voluto da Paolo VI, la festa della Visitazione è stata spostata al 31 maggio in forma ordinaria; però in tre città essa continua ad essere celebrata in forma straordinaria il 2 luglio: Matera, Enna e Siena.
Significato della festa della Visitazione
All’Annunciazione Maria ricevette dall’arcangelo Gabriele non soltanto la notizia che sarebbe diventata Madre del Redentore, ma anche un invito indiretto a recarsi dalla cugina Elisabetta con le seguenti parole: «Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio…» (Lc, 1, 36); e Lei, senza indugi (“in fretta”, dice Luca), parte dalla Galilea, certamente insieme al suo sposo Giuseppe, per raggiungere la “città di Giuda”, dove abitava la cugina (probabilmente Ain Karim, nei pressi di Gerusalemme).
Per capire il significato recondito della festa della Visitazione, allora, bisogna soffermarsi sull’incontro delle due donne, entrambe madri per grazia di Dio: giovane Vergine l’una, anziana sterile l’altra. Quell’incontro sotto un profilo religioso simboleggia che la Nuova Alleanza (la giovane madre vergine) continua, sostituendola, l’Antica Alleanza (vecchiaia sterile); sotto un profilo più prettamente umano sta a significare che la funzione materna viene trasferita, continuandola, da una donna anziana ormai sterile ad una giovane nel pieno delle sue potenzialità generative. Nel contempo, durante quell’incontro, anche i due bambini nel grembo delle rispettive madri rappresentano un prima (Giovanni il Battista, precursore di Cristo) ed un dopo (il Messia che porta la “Legge Nuova”), nonché la discontinuità con il passato; e, infatti, il figlio di Elisabetta, sussultando nel suo seno alla sola voce di Maria, sottolinea proprio la gioia dell’incontro con Colui che porta la Novità del messaggio ed «a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali» (Lc, 3, 16), come in seguito egli affermerà.
Il cantico del Magnificat pronunciato da Maria in seguito al riconoscimento in Lei della “madre del mio Signore” da parte di Elisabetta esprime la gioia, la lode ed il ringraziamento della giovane Madre per essere diventata la “benedetta fra le donne”, cioè la manifestazione sublimata della maternità umana; una manifestazione portata, perciò, in trionfo a Matera la sera del 2 luglio.
L’incontro di Maria con Elisabetta, con i significati sopra espressi, era “sceneggiato” a Matera fino al 2007 nel pomeriggio del 2 luglio, quando un’anziana portava in braccio Gesù Bambino dalla chiesa di Piccianello fino a metà del percorso verso la fabbrica del carro; lì consegnava la sacra immagine ad una giovane donna, che completava il tragitto fino al carro. Seguivano gli uomini, che recavano la statua della Bruna, a significare che il maschile attiva la facoltà creatrice “divina” della donna e che deve essere di supporto e protezione della donna. Dal 2008, e fino all’ultima edizione della festa (2019), la breve processione, invece, è stata tutta declinata al femminile, offuscando i suoi pregnanti significati: le donne, senza distinzione di età, recano sia il Bambinello che la statua della Bruna. Allora come adesso la conclusione è, però, la medesima: l’effigie di Gesù Bambino viene fissata sulla mano sinistra della Madonna ed entrambi compaiono congiunti sul punto più alto del carro. Quest’ultimo, peraltro, a sua volta è espressione di incessante rigenerazione, simboleggiata dalla sua annuale distruzione (sterilità) e ricostruzione (fecondità).
Testi di Franco Moliterni