Il 2 luglio a Matera è un giorno che mette a dura prova chiunque abbia intenzione di seguire tutto il rituale previsto; ma ciò difficilmente può realizzarsi, a causa degli innumerevoli appuntamenti che si susseguono e che spesso si sovrappongono. Tra i molteplici riti che si succedono nell’arco della lunga giornata emergono tre processioni.
La processione dei pastori
Il primo appuntamento del 2 luglio è alle 4,30, quando la prime ore ancora buie del mattino vengono rischiarate dalla luce dei ceri di una processione che parte dalla cattedrale e fa sosta in Piazza San Francesco già gremita di fedeli; lì, sul sagrato della chiesa omonima, si celebra la prima messa della giornata, al termine della quale il lancio di bombe sulla Murgia Timone dà la sveglia alla città, avvisando che la processione dei pastori si è avviata e che la festa è iniziata. Questo momento è denominato “Diana”, un chiaro rimando alle antiche origini della festa della Bruna radicate nella cultura agro-pastorale. I carenti riferimenti storici al riguardo di tale rito inducono a ricorrere alle fonti orali secondo le quali la processione dei pastori è stata introdotta su iniziativa della Fratellanza o Confraternita dei pastori (costituita il 5 aprile 1698) per offrire la possibilità di partecipare alla festa della Bruna di buon mattino ai pastori che, per dover poi accudire gli animali, non potevano sospendere quel lavoro neanche nel giorno della principale ricorrenza annuale. Compito principale della Confraternita dei pastori era quello di aver cura dell’altare della Madonna della Bruna, contribuire ai costi della festa ed anche aiutare le ragazze povere della città.
Per la loro processione i pastori utilizzavano un’immagine della Madonna della Bruna, di autore anonimo, raffigurata in un quadro ad olio su lamina di rame. Tale rito permane tuttora, ed all’alba del 2 luglio proprio quel dipinto è ancora seguito da una confusa moltitudine di partecipanti, tra cui molti giovani che indossano the shirt con scritte inneggianti alla Bruna e che esprimono la loro gioia correndo insieme alle file di mortaretti mentre esplodono a mano a mano che la processione avanza; una gioia espressa pure emettendo fischi che ricordano molto quelli dei pastori che richiamano le pecore. Lasciata Piazza San Francesco, pertanto, il quadro dei pastori percorre le vie cittadine salutato di frequente dal fragore dell’incendio di file di batterie ed effettuando ripetute brevi soste di preghiera, fino all’ultima nella centrale chiesa di San Francesco da Paola per la celebrazione di una seconda messa, al termine della quale la processione conclude il suo percorso in cattedrale, da dove era partita all’alba.
Osservando la fiumana di gente che accompagna il quadro dei pastori, specialmente quando percorre le vie e le scale dei Sassi, si ha l’esatta percezione del presumibile richiamo del rito: la transumanza, cioè la consuetudine del trasferimento stagionale del bestiame dalle zone pianeggianti a quelle montuose, e viceversa, sotto la guida di re pastori e percorrendo itinerari sperimentati per secoli, i tratturi. Le soste di preghiera ricordano peraltro le tappe effettuate lungo il percorso della transumanza in luoghi in cui ci si incontrava per lavorare la lana tosata od i prodotti caseari, nonché per commerciare; tappe spesso associate a luoghi di culto.
La processione materana del mattino del 2 luglio non è l’unica a ricordare la pratica della transumanza, ma questa, per esempio, è rievocata anche durante i festeggiamenti in onore della Madonna di Viggiano, patrona della Basilicata, la cui immagine viene portata la prima domenica di maggio dal santuario del paese all’altro ubicato sul monte omonimo e lì vi resta per quattro mesi, per essere poi riportata dal monte a Viggiano la prima domenica di settembre. Come accade a Matera, anche lo spostamento della Madonna di Viggiano è accompagnato da fedeli che la precedono e la seguono in gruppi sciolti, disordinati, ed in allegria.
La processione al carro
La seconda processione del 2 luglio si svolge a metà giornata, dopo la celebrazione del solenne pontificale, e compie il percorso dalla cattedrale alla chiesa parrocchiale del rione Piccianello, ubicata nei pressi della fabbrica del carro. Il corteo è caratterizzato dalla presenza dei Cavalieri della Bruna in costume e da carrozze d’epoca, su una delle quali viene collocata l’immagine della Bruna, mentre su un’altra prende posto l’arcivescovo recando su un piccolo trono quella di Gesù Bambino, che, pertanto, viene tolto dal braccio sinistro della Madonna. Tale rito è quello che più richiama il significato della festa della Visitazione di Maria ad Elisabetta, a cui quella della Bruna è collegata, secondo l’episodio del Vangelo di Luca (1, 39-42). Quando, infatti, Maria si recò dalla cugina per assisterla negli ultimi mesi di gravidanza di Giovanni Battista, questi al suo saluto sussultò nel grembo di Elisabetta, riconoscendo la vicinanza del Salvatore in quello di Maria. Ebbene, durante tale processione Gesù Bambino viene tolto dal braccio della Madonna perché, infatti, quando Maria andò ad assistere Elisabetta, Gesù non era ancora nato e, perciò, era “invisibile” nel suo seno. Inoltre, la processione con le immagini separate raffigura anche il percorso intrapreso da Maria per raggiungere la città di Giuda dove abitava Elisabetta. La Bruna, pertanto, esce da Matera come se partisse da Nazaret e, come narrato nel passo evangelico di Luca, compie la strada verso altra località lontana, la fabbrica del carro, che va a rappresentare il luogo di residenza della cugina da assistere.
Giunte al rione Piccianello le due immagini vengono depositate, ancora separate, nella chiesa, in attesa di essere trasferite nel pomeriggio alla vicina fabbrica, dove li attende il carro trionfale. Il lancio di bombe mette il punto finale a questa importantissima fase della festa.
Processione serale ed i “tre giri”
A metà pomeriggio del 2 luglio si svolge un rito che precede la processione serale e che ha grande valore simbolico. Le due immagini, depositate momentaneamente nella chiesa parrocchiale di Piccianello, vengono prelevate e portate, ancora separate, al luogo lì vicino dove per sei mesi è stato costruito il maestoso carro di cartapesta; la statua della Madonna viene fatta passare attraverso la porticina della torre posteriore cava, l’immagine di Gesù Bambino viene nuovamente fissata sul suo braccio sinistro e, mediante l’uso di un ascensore manuale, la Bruna col Figlio divino emerge dalla torre, apparendo nel punto più alto della costruzione. È un momento carico di significato simbolico: la maternità sublimata nella Vergine Maria deve essere esaltata, perché il divino si congiunge all’umano, l’invisibile diventa visibile, e la vita rinasce e trionfa ancora. Un tripudio a cui partecipa tutta la natura, perché anche i chicchi di grano che marcirono nella terra durante il freddo inverno si sono moltiplicati sulle spighe, raccolte pochi giorni prima del 2 luglio dai contadini. L’umano e il divino sono ora un unico essere, cosicché, posizionate in alto sul carro le immagini ricongiunte, si può glorificare la facoltà rigeneratrice dell’umanità e dell’intera natura, grazie ad un’energia soprannaturale che permea ogni forma di vita.
Il carro, con l’aiuto di corde robuste, viene trascinato a braccia fino alla vicina Piazza Marconi; al tramonto, poi, esso si avvia trainato da otto muli e preceduto da un corteo formato dalla “bassa musica”, dalla Cavalcata, dalle autorità, dal clero diocesano e dalla banda musicale. La processione procede lentamente tra una folla immensa, effettuando frequenti soste di preghiera, cosicché giunge in Piazza Duomo quando è sera inoltrata. Lì, insieme ad un manipolo di cavalieri in costume, allo squillo del trombettiere e recando ancora su di sé la Madonna della Bruna, compie tre giri intorno alla piazza, per invocare la protezione sulla città. Un atto ripetitivo somigliante ad uno stato di agonia che prelude al disfacimento. In effetti, depositata la Madonna in chiesa, il carro è pronto per essere dato in pasto agli assalitori che lo aspettano in piazza Vittorio Veneto.
La distruzione del carro
Il percorso del carro verso la sua distruzione è il momento finale della festa durante il quale, tolta l’immagine sacra della Bruna, la tensione cresce a mano a mano che esso compie a ritroso parte del precedente percorso, difeso strenuamente dagli Angeli del carro e dalle forze dell’ordine per scongiurare preventivi assalti. Un momento adrenalinico che raggiunge il culmine quando, giunto in Piazza Vittorio Veneto, viene assaltato e smembrato, lasciando nuda la sua permanente ossatura di legno; in tal modo, un’opera d’arte, che ha necessitato il paziente lavoro di oltre cinque mesi, è disfatta in meno di cinque minuti nella foga di accaparrarsi le parti scultoree ed i decori più belli, da custodire poi nelle case e nei luoghi di lavoro come preziosa reliquia. Ma da secoli il carro della Bruna muore e rivive sempre con l’auspicio che il nuovo sia più bello e più sontuoso dei precedenti. Il rito, così, rimanda alla celebrazione del mistero dell’esistenza in cui la vita sorge dalla distruzione della materia; con ciò perpetuando la concezione mitica pagana secondo la quale, nelle parti di divinità smembrate, o degli animali sacri a loro sacrificati, permane l’energia divina che ripete il ciclo nascita-morte-rinascita.
Poco dopo una “bomba” annuncia l’imminente spettacolo di fuochi pirotecnici sulla Murgia. Le strade si svuotano velocemente e nel cielo nero le stelle gareggiano in bellezza con fiori di fuoco multicolori. Sono le prime ore del 3 luglio, il capodanno materano.
Testi di Franco Moliterni